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PILATO

PILATO
Che cosa dobbiamo pensare di Pilato? I Vangeli tentano di presentarlo come innocente del sangue di Gesù' con gli episodi del lavaggio delle mani e della liberazione di Barabba, i quali non sono utili ai fini della tesi per la quale furono raccontati. Lo fanno cedere ai clamori della plebe, la quale poc'anzi era pronta a insorgere per offrire a Gesù' il trono di David, ma ora e' presa da subitaneo zelo per la causa imperiale e induce il riluttante procuratore a fare il suo dovere. Alcuni studiosi ebrei come il Reinach lo descrivono come un governatore spietato e crudele fondandosi sulla lettera di Agrippa. A questa lettera non prestano fede il Guignebert e il Nardi. Ma Agrippa era re, era un galantuomo, non aveva interesse a calunniare Pilato che ormai aveva perduto il posto e non avrebbe potuto mentire intorno a fatti recenti senza rischiare d'essere additato da cento testimoni ancora viventi. Il fatto che Tiberio lo tenesse come procuratore per un decennio non dimostra che Pilato fosse un santo. Sono poi significativi due episodi del suo procuratorato. Le insegne militari erano gli dei delle legioni, venivano dorate e i soldati offrivano loro sacrifizi. Portandole nella Città' santa vi s'introducevano Dei stranieri e culti idolatrici in violazione di Levitico XXVI,1. Non si tratta dunque di semplici immagini, come quelle sulle monete e oggi sui francobolli e sui giornali illustrati. Si tratta di cosa più' grave. Il Tempio poi non era una banca, come credeva il Ricciotti. Era un luogo sicuro (perché' protetto da mura robuste, dalla vigilanza delle guardie e dalla reverenza del popolo) al quale ricchi e poveri, vedove ed orfani affidavano il loro patrimonio che era troppo rischioso tenere in casa. Il Tempio non l'investiva e non pagava interessi. Pilato non s'impadronì' delle "rendite del Tempio" ne' del denaro dei sacerdoti, ma di patrimoni privati, commettendo insieme furto e sacrilegio. Se per acquedotto avesse usato le rendite del tempio, avrebbe danneggiato i sacerdoti suoi protetti, se avesse usato i proventi delle tasse, avrebbe danneggiato l'Imperatore suo padrone. Preferì' derubare i privati. La sua indole sanguinaria poi e' provata dalle stragi di Gerosolimitani ( Fl. Gius. Ant. XVIII, iii, ), di Samaritani (ibid. iv ) e di Galilei ( Luca XIII,1). Ma non si deve confondere il giudizio complessivo sulla sua amministrazione col giudizio sul suo comportamento nel processo di Gesù'. Sul primo argomento sappiamo poco, sul secondo quasi nulla, attesa la scarsa attendibilità' storica dei Vangeli. Probabilmente dette poca importanza alla faccenda (la novella di Anatole France, "Il procuratore di Giudea" e' assai verosimile), ma se avesse lasciato in circolazione un uomo che arringava le folle proclamando " il regno di Dio" oppure "il regno di David" avrebbe mancato al suo dovere. Si potrebbe sostenere che , grazie alla prontezza e all' energia di Caiapha e di Pilato nell'arrestare Gesù', la Giudea rimase tranquilla per 35 anni.
I poteri del Sinedrio.
Vari storici ( Lietzmann, Juster, Burkill, Winter) discutono se il Sinedrio avesse il diritto di condannare a morte, s'intende per violazioni della legge religiosa ebraica. Questo diritto e' pienamente compatibile con l'ius gladii del Procuratore per violazione della legge romana. Secondo Giovanni XVIII, 31 il Sinedrio non aveva tale diritto. Ma il versetto di Giovanni e' l'unica testimonianza in proposito e non e' molto credibile perché' finge che il procuratore ignorasse quali fossero i poteri del Sinedrio. Al mio parere, da Flavio Giuseppe, Guerra VI, ii, 4 e Antichità' XV, xi, 15 e dalle iscrizioni del Tempio trovate risulta che il Sinedrio poteva condannare a morte per sacrilegio persino i cittadini romani.
Ad ogni modo, poiché' Gesù' fu certo condannato dall'autorità' romana per una violazione della legge romana, la questione dei poteri del Sinedrio per le violazioni delle leggi religiose non ci interessa, come osserva giustamente il Cullmann.
La nazionalità' dei soldati che crocifissero Gesù'.
Non sappiamo dove fossero nati questi soldati, ne' a che corpo appartenessero. Sappiamo solamente che 10 o15 anni dopo era stanziata in Giudea una Coorte italiana ( Atti X, 1) e truppe ausiliarie reclutate tra i Pagani di Cesarea e di Sebaste ( Flavio G., Ant., XX viii 7). Si può' supporre che anche al tempo della Crocifissione i soldati di Pilato fossero italiani o Pagani Palestinesi. Gli Ebrei non prestavano servizio nell'esercito romano. La menzione d'un tribuno con la sua coorte
(Giov. XVIII, 12), d'un centurione ( Matteo XXVII, 54 ; Marco XV, 39; Luca XXIII, 47), d'un soldato di nome Longino ( Vangelo di Nicodemo VII, 8) m'induce a credere che secondo le antiche tradizioni cristiane i soldati fossero italiani. A ogni modo nessuna colpa si può' fare a quei soldati d'avere eseguito ordini dai quali non potevano esimersi in alcun modo.
Marco Treves

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