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I versi sibillini

I versi sibillini


Dies irae dies illa
Solvet saeclum cum favilla
Teste David cum Sybilla

I sonori versi del canto liturgico suggeriscono alcuni problemi. Perché’ David? L’ antico re d’ Israele, vissuto mille anni avanti l’Era Cristiana non poteva certo testimoniare sulla dottrina stoica della distruzione del mondo mediante il fuoco ( ekpyrosis), la quale fu introdotta da Crisippo sette secoli dopo il tempo di David ed e’ anche incompatibile con le credenze ebraiche. Forse il poeta medioevale attribuiva a David certi Salmi (come l’XI, il XXI, il L, il XCVII, il CXL) che minacciavano il fuoco agli empi e ai nemici d’Israele e confuse queste minacce particolari con la conflagrazione mondiale degli Stoici.
Ma l Sibilla chi era? Era una mitica profetessa, in parte analoga alla Pizia di Delfi. Se ne distingueva in quanto la Pizia esisteva veramente, mentre la Sibilla non e’ mai esistita, e’ figura puramente immaginaria. Il mito la faceva vivere al tempo della guerra di Troia, ma I poemi d’ Omero e di Esiodo, grandi repertori di mitologia, non la conoscono. Il primo che la menziona e’ Eraclito (principio del V sec.). La nascita di questo mito, a mio parere, va visto sullo sfondo delle guerre persiane. Oggi, quando c'è’ o si prevede una guerra, le Potenze interessate sovvenzionano I giornali dei paesi neutrali per influire sull’opinione pubblica. Nella Grecia antica non c’erano giornali e le Potenze sovvenzionavano gli oracoli, oppure ne creavano ex novo. Cosi’ si spiega la nascita del mito della Sibilla, propalato dal partito filopersiano, e la diffusione dei versi a lei attribuiti.
Il tema di questi versi era l’eterno conflitto fra la Grecia e l’Asia. Il primo round, la guerra di Troia, era stato vinto dai Greci. Ora si preparava la rivincita dell'Asia. La Sibilla era raffigurata come un’antica veggente, vissuta al tempo della guerra di Troia come Cassandra, che, a differenza di costei, prediceva le sventure dei Greci. Poiché’, se la Sibilla non e’ mai esistita, I versi sibillini esistevano davvero, composti in varie epoche, e citati da diversi scrittori antichi (Zosimo, Eraclito, Aristofane, Platone, ecc.).
Nei secoli V e IV la Sibilla era una sola, ma in seguito le Sibille si moltiplicarono. Un seguace di Evemero ( che aveva supposto l’esistenza di parecchi Giovi, di diversi Ercoli, ecc.), Varrone Reatino (116 -26 a.C.) enumero’ dieci Sibille. Altri eruditi ne contarono di piu’ o di meno.
Oltre ai versi sibillini pagani, composti in varie epoche e citati da varii eruditi, hanno grande importanza una diecina di libri sibillini composti da Ebrei e da Cristiani, pervenutici in una dozzina di manoscritti e nelle citazioni di autori cristiani. Anch’essi sono in esametri greci che imitano lo stile omerico.
Negli Oracoli Sibillini III, 350 – 361, leggiamo questi versi:
“Le ricchezze che Roma ha rapito all’Asia tributaria al triplo saranno restituite all’Asia da Roma……..
O Roma, bella ereditiera, ornata d’oro della terra Latina, giovane donna, quante volte dovrai prestarti, schiava ubriaca di vino, ai desideri di un pretendente in una triste unione; quante volte la Padrona farà’ cadere I tuoi bei capelli, lei, che sovrana della giustizia, precipita a terra quello che e’ in cielo e invece riporta in cielo quello che giaceva a terra”.
W.W. Tarn e H. Jeanmaire vedono in questi versi un oracolo contemporaneo agli ultimi anni del regno di Cleopatra e al momento in cui si ingaggia la lotta tra Roma e l’Egitto. A mio parere questa congettura si espone a delle gravi obbiezioni. Anzitutto l’Egitto non e’ l’Asia, poi al tempo di Cleopatra l’Egitto non era stato ancora sottomesso da Roma, le sue ricchezze non erano ancora state rapite e I suoi abitanti non erano ancora stati condotti schiavi in Italia. Infine chiamare la povera Cleopatra la sovrana della giustizia e dire che precipita a terra quello che e’ in cielo e riporta in cielo quello che e’ a terra, e’ un po’ esagerato. Mi pare piu’ probabile che l’Asia sia veramente l’Asia. Roma combatte’ numerose guerre contro gli Asiatici a cominciare dal 190 a. C. fino al 512 dopo Cristo. La menzione della distruzione del Tempio dell’Eterno al verso 327 par provare che si tratta della guerra di Tito del 70 d. C. Al tempo di Antioco Epifane e al tempo di Pompeo il Tempio fu profanato, ma non distrutto. Roma, rappresentata come una donna ebbra di vino, mi ricorda l’Apocalisse XVII, 3 e 6. Essa concede I suoi favori a ogni pretendente, cioe’ a chiunque aspiri all’Impero. Galba, Ottone, Vitellio, Vespasiano, Tito, Domiziano furono successivamente I padroni della volubile città’. E la Padrona che manda in cielo chi e’ in terra e riporta in terra chi e’ in cielo non e’ una donna mortale. E’ Nemesi o Tuche.
Quando contempliamo I magnifici affreschi nella Cappella Sistina a Roma, dove sono rappresentati I Profeti e le Sibille, incantati dal potente genio di Michelangelo, dimentichiamo forse che I Profeti non hanno mai predetto Cristo, salvo che nell’abile, erronea traduzione di Gerolamo e che le Sibille non sono mai esistite.


MARCO TREVES

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