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LA SAPIENZA DI SALOMONE

LA SAPIENZA DI SALOMONE

Marco Treves


Ai tempi di Gesù la Palestina era divisa in due parti, la Galilea e la Perea appartenevano ad Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, alleato, oggi si direbbe satellite, dell'Impero Romano. La Giudea e Samaria erano sottoposte al dominio diretto di Roma rappresentato da un governatore che pare avesse il titolo di prefetto e non di procuratore.
C'era a quei tempi un santo eremita, Giovanni, che noi chiamiamo il Battista, perché soleva battezzare, cioè immergere nel fiume gli Ebrei che volevano purificarsi dei peccati e cominciare una vita nuova.
Il tetrarca Erode Antipa si era invaghito della cognata Erodiade, moglie del fratellastro Filippo, aveva ripudiato la propria moglie che era figlia del re arabo Areta e aveva sposato Erodiade. Giovanni Battista, il santo asceta, rimproverò Antipa: " Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello" ( Marco VI 18). Antipa fece arrestare Giovanni, lo rinchiuse nella fortezza di Macherunte, e poi lo fece decapitare con grande orrore del popolo, perché Giovanni era amato e rispettato. La prima moglie ripudiata dal principe fuggì e si rifugiò presso il padre, il re arabo Areta, il quale mosse guerra ad Antipa e lo sconfisse. Il popolo vide in questa disfatta di Areta la punizione divina del suo peccato.
Frattanto Caligola aveva nominato re un altro principe della famiglia erodiana, il suo amico Agrippa, figlio di un fratellastro di Antipa. I due principi erano gelosi l'uno dell'altro e ambivano al titolo di re, istigati dalle loro mogli ambiziose. Agrippa riuscì a far sì che Caligola deponesse Antipa e lo mandasse in esilio in Francia dove morì nell'anno 39. Così Agrippa divenne capo di tutto Israele di cui fu l'ultimo re. Uomo gioviale, scapestrato, non fu certo un santo, ma rispettò la religione, si astenne dalle crudeltà del suo terribile nonno, fu amato e rispettato dal popolo e fu rimpianto come l'ultimo re d'Israele. Purtroppo regnò solo quattro anni e morì nel 44.
Appena Agrippa fu nominato re (della Batanea di Filippo) nel 37, si recò ad Alessandria d'Egitto, vestito di porpora, scortato da una guardia del corpo, accolto con giubilo dagli Ebrei di Alessandria, ma con fischi dai Greci. Ci furono dei tumulti e il prefetto dell'Egitto, Avilio Flacco, si mise dalla parte dei Greci e profanò la sinagoga d'Alessandria mettendovi una statua dell'Imperatore . Agrippa se ne lagnò con Caligola il quale depose il prefetto e poi lo fece giustiziare (1).
Questo, secondo il mio parere, è l'antefatto del nostro libro che, come ho dimostrato altrove (2), è probabilmente la traduzione di un poemetto scritto da un ignoto poeta ebreo del I secolo. L'oratore si finge Salomone per apostrofare i re e i giudici della terra. Essi sono esortati ad amare la giustizia ( termine che qui, come altrove nella Bibbia, significa osservanza della Legge divina) ed é loro rimproverato di aver passato la vita tra i piaceri e di aver messo a morte un santo profeta. Si promette l'immortalità ai giusti. Nei capitoli seguenti si loda la Sapienza ( cioè la Torà, come risulta anche dai versi di Ben Sirach XXIV 22-23) e si ripercorre la storia del mondo e d'Israele mostrando come la Sapienza ha premiato i giusti, mentre l'idolatria ha procurato grandi mali. La Torà è personificata poeticamente, non ipostatizzata teologicamente. Si possono paragonare le sue prosopopee a quella della Povertà- Sposa di S. Francesco nel canto XI del Paradiso di Dante o a e nella favola di Prodico che è stata il modello di Proverbi I-IX o alle "Due vie" nella Didachè.
La data della nostra composizione può essere desunta dal verso XIV 22: " A tanti mali danno il nome di pace". Non pare una semplice coincidenza il parallelo con le parole che Tacito fa dire a un capo tribù della Caledonia: " Auferre trucidare rapere falsis nominibus imperium atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant(3). Vi sono poi numerose reminiscenze del Libro della Sapienza nelle Epistole di S Paolo . Si può dunque concludere che il nostro libro fu composto tra il tempo d' Augusto ( il costruttore dell'Ara Pacis Augustae) e il tempo di S. Paolo e che i re ai quali è indirizzato sono da cercare nella famiglia degli Erodi (che non sarebbe stato prudente nominare esplicitamente). Il nostro poeta rimprovera loro di aver contratto matrimoni illeciti e unioni adulterine (Sap.III 16 e IV 3-67). Vien fatto di pensare al matrimonio illecito di Erode Antipa con Erodiade. Possiamo poi identificare l'uomo giusto dei versetti II 12-20, IV 7-17 V 1-5 con Giovanni soprannominato il Battista. Il parallelo di questi versetti con Marco VI 18, 19, 27-28 ; XI 32 è sorprendente. Citiamo altri paralleli per esteso: Matteo XI 18 parla di Giovanni : "E indemoniato"( la parola a quei tempi equivaleva a "pazzo") e il nostro poeta : "Questi è quegli che noi avemmo un tempo a scherno.... La sua vita stimavano una pazzia" (Sap.V 3-4) e poi Marco I 6 " Giovanni era vestito di pelo di cammello .... e si nutriva di locuste e di miele selvatico" e il nostro ."..perché la sua vita è diversa da quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade "(Sap II 15) . " Il giusto defunto condanna gli empi vivi"' (Sap. IV 16). "Il giusto con gran franchezza si ergerà in cospetto dei suoi oppressori..... Vedendolo saranno sgomentati con terribile paura.....;E pentiti diranno tra sé: ......ecco colui di cui ci facevamo beffe....."(Sap V 1-4). La voce pubblica sapeva che Erode era sempre perseguitato dal rimorso del suo delitto. Quando fu informato della predicazione di Gesù, esclamò: " Costui è Giovanni Battista risuscitato dai morti'" (Matteo XIV 2).
Le parole di Giuseppe Flavio nei riguardi di Giovanni (Ant.XVIII v 2) e quelle relative a Caligola e a Antipa (ibid. vii 2)
si possono mettere in rapporto con Sap. III 10 e V 23. Un'allusione al tentativo sacrilego di Caligola di erigere la sua statua nel tempio si può ritrovare in Sap XIV. 17:
" Le statue si adoravano
anche per ordine dei sovrani:
i sudditi, non potendo onorarli di persona a distanza
riprodotte con arte le sembianze lontane,
fecero un'immagine visibile del re onorato,
per onorare con zelo l'assente,
quasi fosse presente".
Oltre al valore letterario che ha l'appassionato fervore dalla sua poesia sincera, il libro della Sapienza interessa la storia della filosofia per le varie dottrine di origine greca accolte da questo pio giudeo (4). Per la storia d'Israele è importantissimo per gli accenni a Erode Antipa e a Giovanni Battista. Essi sarebbero quasi contemporanei ai fatti. Sebbene piuttosto vaghi a causa dello stile poetico e del prudente proposito di non dire esplicitamente i nomi, essi confermano, almeno in parte, ciò che ci narrano i Vangeli e Flavio Giuseppe.

Note

(1) Caligola poi proclamò di essere un dio e ordinò a Petronio, legato di Siria, di erigere la statua dell'imperatore nel Tempio di Gerusalemme. Gli Ebrei inorridirono. Erano pronti a morire piuttosto che accettare il sacrilegio. Per fortuna il legato Petronio era un uomo di buon senso, mandò la faccenda per le lunghe con varii pretesti, finché nel gennaio dell'anno 41 Caligola fu assassinato e della statua non si parlò più.
(2) V. "La parola del passato" fasc. LXXXIV, Napoli 1962, pp. 192-201 e "Cahiers du circle Ernest Renan", N. 51, Parigi 1966.
(3) Agricola 30
(4) Ricordiamo l'immortalità dell'anima (I 15, III 1-9, VIII 13, XV 3), la preesistenza dell'anima (VIII 7), la creazione del mondo dalla materia informe (XI 17), il corpo come peso dell'anima (IX 15), le quattro virtù cardinali (VIII 7), la spiegazione evemeristica dell'origine dell'idolatria (XIV), i quattro elementi (VII 17, XIII 2, XIX 18).

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