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IL LIBRO DI GIUDITTA

IL LIBRO DI GIUDITTA

Il libro di Giuditta non può essere chiamato “novella storica” perché l’autore pare disinteressarsi della veridicità storica. Tutti sanno che Nabucodonosor non era re d’Assiria, ma di Babilonia. Non poteva avere un generale dal nome iraniano come Oloferne. Arpasad, re dei Medi è sconosciuto alla storia di questo popolo e la maggior parte dei nomi e dei luoghi sfuggono a ogni identificazione. Ma un esame attento ci ha convinto che c’è un metodo nella sua follia, come diceva Polonio in Amleto. L’apparente incoerenza e confusione hanno delle buone ragioni. A mio parere, l’autore volle presentare la sua novella fantastica come seguito di quella di Tobia. Il suo Nabucodonor re degli Assiri è un successore dei tre re Assiri di Tobia, cioè è un imperatore che succede agli imperatori flavii. Fa la guerra ad Arpasad re dei Medi, che potrebbe simboleggiare Osroe re dei Parti. Nabucodonosor attraversa la Mesopotamia, distrugge tutte le piazze forti oltre il torrente Abnon fino al mare ( Giud. II 24 del greco, II 14 della Vulgata. Il nome del torrente varia nei manoscritti). Traiano fu il solo imperatore romano che attraversò la Mesopotamia fino al golfo Persico. È’ dunque Nabucodonor. Ninive simboleggia Roma naturalmente e Bethulie è Bethar. Il saggio consigliere Achior è l’Ahikar di Tobia, corrotto dai copisti. Il gran Sacerdote Eliacin o Joakim è probabilmente Rabbi Eléazar di Modein, zio di Bar Kocheba, in seguito ucciso da lui. In somma il nostro libro deve essere datato nel 134, durante l’assedio di Béthar ed è stato composto per incoraggiare i validi difensori della fortezza. Malgrado questo non è una vera allegoria. Sarebbe vano cercare di identificare tutti i luoghi e tutte le persone che che vi sono nominate. Nabuchodonosor pare rappresentare insieme Traiano e Adriano. Né Tineio Rufo né Sesto Giulio Severo furono uccisi da una donna ebrea. Lo scopo dello scrittore era di suscitare delle speranze per l’avvenire e non di narrare la storia del passato. L’allegoria era una necessità dettata dalla prudenza, si ritrova in tutti i libri biblici in cui Roma si nasconde sotto il nome di Ninive o di Babilonia. Se questi scrittori avessero nominato apertamente Roma avrebbero rischiato la morte. Ma questo espediente è andato oltre il suo scopo. Clemente di Roma, segretario della Chiesa di Roma sotto il vescovo Pio ( 140- 150) (1), avendo letto il nostro libro, lo cita come se fosse la vera storia della beata Giuditta ( I ai Corinzi LV 4-5).
Molte cose erano accadute nell’intervallo di venti anni tra Bar Kocheba e Clemente di Roma; la guerra fu perduta, gli Ebrei furono sterminati in gran numero; i sopravvissuti furono espulsi da Gerusalemme; la pratica della religione ebraica e anche la lettura del Vecchio Testamento furono proibite da Adriano. Il suo successore, Antonino Pio, rese la libertà religiosa agli Ebrei a condizione che non facessero proselitismo. Si riprese la lettura della Bibbia. Gli Ebrei vi cercarono delle regole di vita. I Cristiani ne ripudiarono la maggior parte dei precetti, ma ne accettarono tutti i miti. Cominciarono a ingiuriarsi gli uni con gli altri e a ingiuriare gli ebrei. Si può giudicare della distanza tra l’attitudine politica dei Cristiani e quella degli Ebrei e anche tra i Cristiani del primo secolo e quelli del secondo osservando che Clemente dice che i sovrani temporali e i governatori sono inviati da Dio ( cap. LXI) e fa l’elogio dell’armata romana ( cap. XXXVII ). Sentimenti simili sarebbero stati giudicati scandalosi nel primo secolo.
Il libro di Giuditta è l’ultimo cronologicamente del Vecchio Testamento in lingua greca e conclude questa collezione con una battaglia per la libertà di religione.

Marco Treves

1)Le date di questo episcopato sono incerte. Cinque ragioni per datare la prima epistola di Clemente verso il 155:
1) Clemente era contemporaneo di Hermas ( Visione II, iv, 3), che scrisse il suo Pastore sotto l’episcopato del suo fratello Pio ( Canone de Muratori); 2) Clemente cita l’Epistola agli Ebrei che a sua volta confuta S. Giustino; 3) Clemente cita la storia di Giuditta; 4) Clemente si serve della traduzione di Aquila; Clemente è adozionista. Conosce i Vangeli di Matteo e di Luca, ma senza le interpretazioni sulla nascita verginale.

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