Il libero arbitrio nell'Ebraismo
C'è una differenza fra il Cristianesimo e il Giudaismo che mi pare degna di osservazione. Per il Cristianesimo i requisiti più importanti sono il Battesimo e la Fede nei dogmi. Dante esclude dal Purgatorio e dal Paradiso chi non ha ricevuto il Battesimo e chi non crede nei dogmi cattolici (Inferno IV 34-42, Paradiso XIX 70-78). Per gli Ebrei la virtù consiste nell'obbedire ai comandamenti della Torà (Pentateuco), il peccato nel trasgredirli. I comandamenti sono 613. La parola mitsvà (Comandamento) significa anche opera buona, perché le opere buone sono esecuzione dei comandamenti. Questi si possono dividere in morali e rituali. I morali sono i più importanti. Dice un profeta:
Ascoltate la parola del Signore, capi di Sodoma. Porgete orecchio alla Legge del nostro Dio, popolo di Gomorra. Che m'importa del gran numero dei vostri sacrifizi? Dice il Signore. Io sono sazio d'olocausti d'arieti, del grasso del bestiame pasciuto. Il sangue dei giovenchi, degli agnelli e dei capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi al mio cospetto (nel Tempio), chi vi ha chiesto di calcare i miei cortili? Cessate di recare offerte vane. L'incenso io l'aborro. Quanto ai novilunii, ai sabati, alle assemblee religiose, io non sopporto l'iniquità unita alle feste solenni. I vostri novilunii, le vostre feste stabilite l'anima mia li detesta, sono un peso che l'anima mia è stanca di portare. Quando stenderete le mani (gesto di preghiera) io volgerò gli occhi altrove. Quando moltiplicherete le preghiere, io non ascolterò. Avete le mani piene di sangue. Lavatevi. Purificatevi. Togliete d'innanzi ai miei occhi la malvagità delle vostre opere. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene. Cercate la giustizia. Soccorrete l'oppresso. Fate ragione all'orfano. Difendete la vedova. Orsù ragioniamo insieme, dice il Signore. Se anche i vostri peccati fossero vermigli diverranno bianchi come la neve. Se anche fossero rossi come porpora diverranno come lana. Se avrete la buona volontà e sarete obbedienti mangerete i frutti del paese. Ma se resisterete e sarete ribelli sarete divorati dalla spada, perchè la voce del Signore ha parlato. (Isaia I 10-20)
L'ebraismo non conosce il peccato originale: i peccati non si ereditano.
Perchè citate il proverbio: "I padri hanno mangiato l'uva acerba e ai figli sono allegati i denti"? [...] Non lo citerete più. Tutte le anime sono mie, l'anima del padre come l'anima del figlio. L'anima che peccherà, perirà, ma se un uomo è giusto e farà ciò che è lecito e doveroso e non ha mangiato sui monti (rito pagano) e non volge gli occhi agli idoli e non seduce la moglie del vicino, se non s'accosta a donna mentre è impura, se non opprime alcuno, se rende il pegno al debitore, se non commette rapine, se dà del suo pane all'affamato e copre di vesti l'ignudo, se non presta a usura, se ritrae la mano dall'ingiustizia e giudica fra uomo e uomo secondo verità, se segue le mie leggi e le mie prescrizioni, quel tale vivrà, dice il Signore. Ma se ha generato un figlio che faccia cotali peccati, [...] il figlio morrà. [...] L'anima che pecca è quella che morrà, il figliolo non porterà l'iniquità del padre e il padre non porterà l'iniquità del figliolo. (Ezechiele XVIII 2-20)
La morale ebraica è fondata sul libero arbitrio. Il peccato è la violazione dei comandamenti. Dio punisce chi ha violato i comandamenti.
Il Deuteronomio elenca le maledizioni che affliggeranno coloro che violano i comandamenti divini (Deut. XXVII 10-26, XXVIII 15-68) e le benedizioni che allieteranno coloro che li osservano (Deut. XXVIII 1-14, XXX 1-14) e conclude:
Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male, poichè io ti comando oggi di amare il Signore tuo Dio, di camminare nelle sue vie, di osservare i suoi comandamenti, le sue leggi e i suoi precetti, acciocché tu viva e ti moltiplichi, e il Signore Dio tuo ti benedica nel paese dove stai per entrare per prenderne possesso. Ma se il tuo cuore si volgerà indietro e tu non ubbidirai e ti lascerai trascinare a prostrarti dinanzi ad altri dei, io vi dichiaro che certamente perirete e che non prolungherete i vostri giorni. (Deut. XXX 15-18; vedere anche Deut. IV 1-14, XI 26-26, Geremia VII 1-28, XXI 8).
In pochi passi della Bibbia l'uomo soggiace a influenze estranee alla sua libera scelta. Si legge che Dio indurì il cuore di Faraone (Esodo IX 12, X 20, 27 ecc.), che indurì lo spirito e rese ostinato il cuore di Sihon (Deut. II 30) e mandò uno spirito cattivo a Saul (Samuele XVI 14-16, XVIII 10, XIX 3) e uno spirito bugiardo ai profeti (I Re XXII 21-23). Si tratta forse di interpretazioni teologiche di disturbi mentali e di scritti antichi, anteriore alla moltitudine di precetti del Levitico e del Deuteronomio.
Beato l'uomo che medita sulla Sapienza
e che ragiona con la sua intelligenza.
(Ecclesiastico XXIV 1-27; la Sapienza e' la filosofia ebraica esposta nel Pentateuco)
Così farà chi teme il Signore
e chi osserva la Legge riceve la Sapienza
Iddio da principio ha creato l'uomo
e lo ha lasciato in potere delle sue decisioni
Se tu vuoi, puoi obbedire ai comandamenti
Esser fedele dipende dalla tua preferenza
Ti ha posto dinanzi il fuoco e l'acqua
Puoi stendere la mano nella direzione che vuoi
L'uomo ha dinanzi la vita e la morte
Ciò che egli sceglierà gli sarà dato.
(Ecclesiastico XV 1, 14-18)
Grande importanza ha nella morale ebraica il Pentimento (Teshubà) che forse sarebbe meglio tradurre Ravvedimento, perché il dispiacere per il peccato commesso non vale se non è accompagnato dal proponimento di non lo commettere più. Il libro di Giona narra che Dio comandò al profeta Giona di andare a predicare contro i malvagi Niniveti. Giona dapprima fuggì, fu gettato in mare e inghiottito dal grosso pesce (o balena). Fu salvato e si recò a Ninive. I Niniviti, pentiti, fecero penitenza. Dio condonò la punizione che avevano meritato. Giona rimase male e allora Dio gli impartì una lezione sul perdono. Questo libro viene letto il giorno di Kippur quando gli Ebrei fanno penitenza per espiare i peccati commessi durante l'anno.
Lasci l'empio la sua via e l'uomo si converta al Signore, che avrà pietà di lui e indirizzi i suoi pensieri al nostro Dio, che è largo nel perdonare. (Isaia LV 7)
Sul pentimento c'è un altro passo significativo in I Re VIII
11-50. Poi:
Io vi giudicherò ciascuno secondo le vie sue, o casa d'Israele, dice il Signore Dio. Tornate. Convertitevi di tutte le vostre trasgressioni e non avrete più occasione di cadere nell'iniquità. Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato e fatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché vorreste morire, o casa d'Israele? Io non ho alcun piacere della morte di chi muore, dice il Signore Dio. Convertitevi dunque e vivete. (Ezechiele XVIII 30-32)
Chi nasconde le sue trasgressioni non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia.
(Proverbi XXVIII 13)
I rabbini osservano che non basta confessare il peccato, bisogna anche abbandonarlo.
Nel secondo secolo a.C., anche a causa della situazione politica, il problema del premio e della pena divenne acuto. Molti autori osservarono che non sempre il reo è punito e il buono è premiato, come affermava il Deuteronomio. Antigono di Soho consigliava:
Non siate come servi che servono il Padrone col patto di ricevere una ricompensa, ma siate come servi che servono il Padrone senza il patto di ricevere una ricompensa. E che il timor del Cielo sia con voi. (Abot I 3)
Circa in quegli anni si svilupparono anche delle teorie escatoligiche, cioè la credenza alla Risurrezione e alla vita futura. In Cielo ci sarebbe un gran libro dove sono scritte le azioni buone e malvagie degli uomini. Dopo la resurrezione dei morti e il Giudizio universale i buoni saranno premiati e i malvagi saranno puniti (Daniele XII 1-4; II Maccabei XII 18-46, Apocalisse di Giovanni XX, XXII).
Flavio Giuseppe (Antichità XVIII 1,3) dice che i Farisei affermavano che tutto dipende dal Fato (termine che qui vale Provvidenza), ma che gli uomini mantenevano la libertà di agire come loro pareva. La loro tesi era che a Dio è piaciuto di fare un'eccezione, per cui accade ciò che Dio vuole, ma in modo tale che la volontà degli uomini sia libera di agire virtuosamente o di peccare.
L'Ebraismo postbiblico continua la dottrina dei Farisei.
Rabbì Akiba diceva: Tutto è previsto (da Dio) eppure ci è concessa la libertà di scegliere. (Abot III 19)
Simile è il detto:
Tutto è nelle mani del Cielo, fuorché il timor del Cielo. (Berachot 33b)
E altrove:
L'angelo che presiede al concepimento ha nome Laila; egli prende una goccia di seme umano, la presenta al Santo, sia benedetto, e domanda: "Re dell'Universo, che cosa diverrà questa gocciola? Diverrà una persona robusta o gracile, savia o stolta, ricca o povera?". Ma non domanda se diverrà giusta o malvagia (perché questo dilemma è lasciato all'individuo in questione). (Niddah 16b)
Secondo i Rabbini nell'animo di ciascun uomo risiedono due yetzarim (impulsi, inclinazioni, tendenze): lo yetzer tob, tendenza al bene, e lo yetzer ha-ra`, tendenza al male. In ogni atto della vita l'uomo deve scegliere fra questi due impulsi (Berachot 61a). Secondo alcuni l'impulso cattivo è congenito, mentre l'impulso buono si acquista a tredici anni (Ecclesiaste Rabbà IV 9). Secondo altri l'impulso cattivo non è veramente cattivo, ma è la tendenza al proprio piacere e al proprio interesse. Se non ci fosse questo impulso, l'uomo non si costruirebbe una casa, non prenderebbe moglie, non farebbe figlioli, non commercerebbe (Genesi Rabbà IX 7). Entrambi gli impulsi sono creati da Dio e tutto ciò che Dio ha creato è buono. Spesso l'impulso buono consiglia un atto di carità, ma l'impulso cattivo dice: "Perché dare a un estraneo togliendo quello che spetterebbe ai tuoi figlioli?" Ma l'impulso buono spinge alla carità (Esodo Rabbà XXXVI 3). Il libero arbitrio sceglie fra i due impulsi.
Anche i Rabbini danno grande importanza al Ravvedimento.
Niente è più grande della teshubà.
(Deuteronomio Rabbà II24)
Rabbì Jacob diceva: E' meglio un'ora di teshubà e d'opere buone in questo mondo che tutta la vita del mondo avvenire. (Abot IV 22)
Sette cose furono create prima che il mondo esistesse. Sono la Torà, il Pentimento, il Paradiso, la Geenna, il Trono della Gloria, il Santuario e il nome del Messia.
(Pesachim 54a)
R. Eliezer, figlio di R. José, diceva: Se uno pecca e si pente e continua a condursi bene, è perdonato immediatamente. Ma se uno dice: "Peccherò e poi mi pentirò" vieneperdonato fino a tre volte enonpiù. (Abot de Rabbì Natan p. 164)
Sul peccato di Adamo citiamo:
Sebbene Adamo fosse il primo peccatore e apportasse morte prematura a tutti gli uomini, tuttavia, tra coloro che da lui sono nati, ciascuno ha preparato per l'anima propria i tormenti futuri oppure ha scelto per sé la gloria futura. Adamo dunque non è la causa del peccato eccetto che per la sola sua anima. Ma ciascuno di noi è stato l'Adamo dell'anima propria.
(Apocalissi siriaca di Baruch LIV 14-19)
Sul mondo a venire, il IV Esdra dice:
Quando l'età che volge alla fine sarà suggellata
allora i libri saranno aperti (IV Esdra VI20)
La terra restituirà coloro che vi dormono
e la polvere quelli che vi riposano
E l'Altissimo apparirà sul suo trono
E la compassione cesserà
e la pazienza sarà revocata.
Le opere buone si desteranno
e le opere malvagie non dormiranno.
La fornace della Geenna sarà visibile
E di faccia a questa il Paradiso di delizie
(IV Esdra VII 32-36)
L'Altissimo ha fatto non un'età, ma due.
(IV Esdra VII50)
Affine è l'Apocalisse siriaca di Baruch:
Ecco verranno i giorni che saranno aperti i libri dove sono scritti i peccati di tutti coloro che hanno peccato ed altresì il tesoro nel quale è custodita la rettitudine di quanti sono stati probi. (II BaruchXXIV 1)
e più avanti:
La terra allora sicuramente restituirà i morti (id. L 2)
Rabbì Jacob diceva: Questo mondo è un vestibolo innanzi al mondo a venire. Preparati nel vestibolo per essere ammesso nella sala del convito. (Abot IV 21)
Rabbì Eleazar ha-kappar diceva: Chi è nato morrà, e i morti torneranno alla vita, e i risuscitati saranno giudicati per comprendere, per far sapere e per convincere che Egli è Dio, Egli è il Fattore, Egli il Creatore, Egli l'Esaminatore, Egli il Giudice, Egli il Testimone, Egli la Parte Lesa, e colui che giudicherà, sia benedetto, è uno davanti al quale non c'è né falsità, né oblio, né favoritismi, né bustarelle.
(Abot IV 29)
Marco Treves
novembre 1984
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